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COMMISSIONE EUROPEA: stallo normativo

Prendo spunto dall’articolo pubblicato su Guidafinestra a firma di Ennio Braicovich che riportava le considerazioni di “Normator”, uno pseudonimo dietro il quale scrive un esperto del settore, per riprendere l’argomento fornendone una mia personale chiave di lettura.

“Normator” sostiene che lo stallo in Commissione Europea di ben 130 Norme, in relazione alla mancata pubblicazione delle stesse nella Gazzetta Ufficiale Europea, stia a rappresentare l’implosione del sistema Comunitario che sta soffrendo le conseguenze del circuito perverso CEN/Ufficio Legale della CE, che continua ad avvitarsi su sé stesso disarmando così le migliori intenzioni del Comitato di Normazione Europeo e manipolando così l’obiettivo del libero mercato con regole certe e valide per tutti.

Abbracciando in pieno la tesi di Normator vorrei aggiungere le mie riflessioni riguardo lo status quo generatosi in CE.

In un periodo “sovranista” come quello che stiamo vivendo le “guerre commerciali” per la difesa del territorio si possono fare in molti modi. In Comunità Europea lavorano per riuscire a dare una impressione di compattezza nell’obbiettivo comunitario da raggiungere e di conseguenza una linea di condotta da tenere ma nella realtà a causa dei forti interessi di alcuni Stati molto più preparati di altri viene data la possibilità a chi sa e può farlo di sfruttare gli strumenti legali/amministrativi/comunitari per ottenere i propri scopi nazionali.

Cerco di semplificare arrivando al focus…

parlare di una Europa Unita, di un mercato unico dove le merci possano circolare liberamente negli altri Stati ma cercare di proteggere il proprio mercato interno ritengo sia il vero obbiettivo che l’asse Franco/Tedesco porta avanti ormai da anni.

Guarda caso due Stati che sono fortissimi in ambito normativo e legislativo, dove i consumatori nazionali sono abituati a richiedere e a pretendere dai loro fornitori interni il rispetto delle regole e delle norme in vigore.

Il risultato?

Un protezionismo della struttura produttiva nazionale formidabile ma soprattutto legale, che impedisce la reale libera circolazione delle merci sui propri territori, nonostante siano regolarmente marcate CE, in barba allo spirito comunitario.

Nell’ambito del recepimento delle norme che devono essere armonizzate fra tutti gli stati membri, la tendenza della Commissione Europea, guarda caso, mostra una chiara evoluzione verso richieste sempre meno rigide ed impositive, addirittura vietando la richiesta di prestazioni minime dei prodotti, lasciando agli Stati la responsabilità di salvaguardare il consumatore finale.

E Francia e Germania?

Come “sistemi paese” si sono protette grazie al lavoro compiuto negli ultimi 50 anni in ambito normativo/legislativo ma soprattutto rafforzando i loro Enti di Normazione Nazionali e di controllo, AFNOR e DIN; codesta politica illuminata ha partorito come diretta conseguenza la richiesta da parte del consumatore finale di prodotti certificati e garantiti, risultato ottenuto grazie anche alle imponenti campagne di comunicazione Ministeriali specifiche, che hanno abituato il consumatore a scegliere i prodotti da fornitori certificati.

A questo punto il resto del mercato comune Europeo diventa facile terreno di conquista per l’asse Franco/Tedesco, che riesce allo stesso tempo a salvaguardare il proprio mercato interno con le Certificazioni di Prodotto AFNOR e DIN, da possibili intrusioni dei prodotti d’importazione, anche se  Marcati CE!

Un esempio…

Nell’ambito del settore dei serramenti in PVC alcuni produttori Francesi e Tedeschi utilizzano profili con spessori delle pareti esterne in classe A o B o C, dove il profilo in classe A viene utilizzato in patria mentre i profili in classe B o C, di spessore via via inferiore, sono utilizzati in base alla normativa del Paese dove si opera: tutto marcato CE, naturalmente….

Gli Enti di Normazione Nazionali Franco/Tedeschi sono diventati di fatto gli organismi di protezione del mercato interno dei loro rispettivi paesi, cosa che non è riuscita in Italia con UNI che non è stata sufficientemente indirizzata in questo senso dalle Associazioni di categoria; inoltre l’aver sposato i sistemi di qualità anziché le certificazioni di prodotto ha indebolito il sistema di normazione italiano.

Fino al 2008 le aziende hanno giovato della blanda situazione normativa e nascondendosi dietro i sistemi di qualità aziendali hanno potuto fare dei loro prodotti immessi sul mercato tutto ed il contrario di tutto, senza controlli, sfruttando anche la scarsissima concorrenza estera.

Poi le cose sono cambiate…

In seguito all’apertura del mercato libero comunitario questa deregulation ha reso lo Stato Italiano facile terreno di conquista: norme e leggi specifiche a proteggere il nostro mercato interno sono arrivate con uno slancio tardivo negli ultimi tre/quattro anni, poco o per nulla sorrette dalla carenza cronica di controlli.

Ma, in Italia?!

In Italia oggi UNI è ancora l’unico Ente di riferimento in grado di modificare lo stato di fatto del mercato dei materiali da costruzione, e come tale va sostenuto dalle Associazioni di categoria che hanno il preciso dovere di attivarsi perché la politica cominci a tenerne conto, riconoscendone l’importante ruolo di Istituzione Tecnica.

Teniamoci stretto UNI e sosteniamolo, in conclusione, perché dalla Comunità Europea non arriverà di sicuro nessun aiuto alla nostra produzione nazionale.

Anzi.

 

Piero Mariotto

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